Intelligenza artificiale, un processo a step

Se ne parla sempre di più. E se ne parlerà sempre di più. L’intelligenza artificiale è un fenomeno che non esiste da oggi - la data di nascita è fissata nel 1956 - e sul quale le industrie informatiche e di alta tecnologia stanno investendo enormi capitali. Influenzati dalla cinematografia, tendiamo a pensarla come un futuro avveniristico in cui uomini e macchine convivono (o, come nella maggior parte dei film, si scontrano). In realtà l’IA è molto più reale di quello che sembra e viene utilizzata in molti settori della nostra quotidianità.

IA: DEFINIZIONE E APPLICAZIONI
Partiamo anzitutto dal capire cosa sia l’IA. Per semplificare, la definiamo così: l’abilità di un sistema tecnologico di risolvere problemi o svolgere compiti e attività tipici della mente e delle abilità umane. 

Per fornire un quadro completo delle soluzioni di IA adottate dalle aziende, l’osservatorio di Artificial Intelligence ha analizzato più di 700 aziende italiane e straniere individuando otto tipologie di applicazione, distinte in base alle finalità. Le passiamo in rapida rassegna, per renderci davvero conto di come faccia già parte della nostra esistenza.

  1. Intelligent Data Processing: algoritmi che analizzano dati specifici per estrapolare informazioni e compiere azioni in conseguenza. Fanno parte di questa categoria l’analisi predittiva, che permette di fornire previsioni future di un determinato fenomeno, e il rilevamento di frodi, in cui l’IA identifica degli elementi non conformi al modello previsto.
  2. Virtual assistant: si tratta di software, tradizionalmente chiamati chatbot, che eseguono azioni o erogano servizi in base a comandi ricevuti vocalmente o testualmente. Questi strumenti sono utilizzati come primo livello di assistenza dei servizi clienti delle aziende. 
  3. Recommendation: come potrete immaginare ogni volta che aprite Google e Facebook, gli acquisti “consigliati” non sono certo casuali: si basano invece sulle nostre preferenze, scelte, ricerche passate; insomma, sulle informazioni che lasciamo in rete. L’analisi e le proposte che ne conseguono sono gestite dall’IA.
  4. Image processing: in questo caso, l’IA analizza immagini statiche o in movimento per riconoscere oggetti, persone e animali. L’area di utilizzo principale è quella della videosorveglianza, per individuare anomalie e pericoli.
  5. Autonomous vehicle: come suggerisce il nome, siamo nel campo dei mezzi di trasporto autonomi. Trasporto su strada, ma anche marittimo o aereo hanno applicazioni già esistenti o comunque in fase di approfondimento e miglioramento.
  6. Intelligent object: grazie all’IA, esistono oggetti in grado di compiere azioni senza l’intervento umano, prendendo decisioni in base a ciò che accade. Un esempio è la valigia intelligente che, grazie alla tecnologia bluetooth, si collega allo smartphone individuando così la posizione del proprietario. 
  7. Language processing: in questa categoria rientrano quelle soluzioni che elaborano il linguaggio per comprendere un testo e, per esempio, tradurlo.
  8. Autonomous robot: macchine in grado di muoversi senza intervento umano sfruttando le informazioni raccolte dall’ambiente circostante. Esistono sia soluzioni industriali, come i robot progettati per l’automazione dei processi produttivi e logistici, sia civili, come gli assistenti alla vendita nei negozi. 

UNA STORIA A PICCOLI STEP
Come anticipato, la nascita dell’IA viene fissata nel 1956, con l’avvento dei computer. Definita come “sistema intelligente”, se ne parlò già in quell’anno durante un convegno negli Stati Uniti dove furono presentati alcuni programmi capaci di effettuare alcuni ragionamenti logici, legati in particolare alla matematica: nello specifico, il Logic Theorist dei ricercatori informatici Allen Newell e Herbert Simon era in grado di dimostrare dei teoremi matematici partendo da determinate informazioni.

Gli anni successivi furono così di grande fermento, con le principali industrie (IBM in testa) che investirono su ricerca e sviluppo dell’IA; nacque così il linguaggio di programmazione LISP, che per oltre 30 anni fu alla base di molti software di IA.

Come accadrà diverse volte (e in parte sta accadendo anche oggi: ci arriveremo tra poco), si andò poi incontro a un periodo di “inverno dell’IA”, ossia una fase di stallo, senza particolari progressi: lo sforzo successivo, a metà degli anni 60, fu così quello di andare oltre la “semplice” soluzione di teoremi matematici per cercare soluzioni a problemi più vicini alla realtà dell’uomo. Si voleva dunque che l’IA prendesse decisioni in base all’analisi di diverse possibilità, ma le grosse difficoltà nel costruire percorsi semantici per le macchine ne bloccò il progresso.

Un nuovo impulso fu dato dalla biologia grazie al DENDRAL, un programma realizzato nel 1969 da alcuni ricercatori del Carnegie Institute of Technology capace di ricostruire una molecola semplice dalle informazioni ottenute dallo spettrometro di massa. La ricerca e la conseguente crescita ripartirono velocemente, fino ad arrivare agli inizi degli anni 80 al primo sistema di IA usato per scopi commerciali. L’interesse allargò anche il bacino di studio, con Giappone e Europa ad aggiungersi agli Stati Uniti nella corsa all’IA. 

Fu così che si arrivò all’algoritmo che permise l’apprendimento per reti neurali, sperimentato in campo informatico e psicologico. Il primo, grande successo dell’IA fu il confronto tra Deep Blue - una macchina realizzata dall’IBM - e il campione mondiale di scacchi, Gary Kasparov. Il russo vinse le prime sfide, poi i continui miglioramenti apportati dal sistema di apprendimento resero Deep Blue imbattibile: secondo Kasparov, la macchina aveva raggiunto un livello di creatività tale da oltrepassare le sue stesse conoscenze del gioco. 

L’IA OGGI
L’uso di reti neurali e di algoritmi in grado di riprodurre ragionamenti umani hanno permesso all’IA di migliorare sempre di più nelle capacità di ragionamento: analizzando dati e situazioni, è così in grado di prendere decisioni. Un esempio possibile è qualcosa che oggi stiamo iniziando a toccare con mano: ci riferiamo al settore automobilistico, in cui mentre si stanno studiando delle macchine in grado di guidare completamente da sole, esistono già dei sistemi in grado di rendere le nostre auto semi-autonome (basti pensare alla possibilità di alcuni modelli di tenere la distanza, frenare da sole in caso di emergenza, tenersi all’interno della carreggiata, adattare la velocità in base al mezzo che precede…).

Non solo, ovviamente. Perché ormai l’IA è abbondantemente utilizzata nel nostro quotidiano. Basti pensare ai nostri smartphone, capaci di capire se siamo seduti, in piedi o in movimento; di “vederci”, con il riconoscimento facciale; di interagire con noi, attraverso il controllo vocale. Ampi utilizzi esistono inoltre in campo economico nel mercato azionario, nella medicina e nella robotica.

L’IA DOMANI
L’inverno dell’IA, dicevamo. Secondo gli esperti, in realtà, in questo momento ci troveremmo più precisamente in un “autunno”: l’IA infatti sta comunque progredendo, e di pari passo lo fanno i suoi utilizzi, ma la crescita, potremmo dire, è parzialmente frenata. Il motivo? Semplice: per progredire, l’IA ha bisogno di una tecnologia in grado di supportarla. In questo momento, l’IA ha una potenza enorme, troppo grande per essere retta dall’hardware esistente e, soprattutto, esageratamente dispendiosa in termini energetici. Ma, come abbiamo visto, l’evoluzione dell’IA avviene a piccoli step, a “stagioni”. 

Per vedere cosa sarà in grado di fare, non resta dunque che aspettare la prossima “estate”…

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